Difficoltà e problemi dell’Adolescenza
Dott.ssa Marina Taralli
“I problemi sorgono semplicemente perché si è tentato
in modo erroneo di cambiare una difficoltà esistente”
“Change” P. Watzlawick, John Weakland, Richard Fisch
Ma quali sono le difficoltà che il giovane deve affrontare in questa fase della vita?
L’adolescenza è quella fase della vita in cui la natura ci predispone a passare dall’essere bambino ad essere un adulto responsabile, autonomo e indipendente dai propri genitori sia dal punto di vista economico- abitativo sia dal punto di vista emotivo. Potremmo dire che l’adolescente si trova in quella fase in cui “il bruco si converte in crisalide per poi divenire farfalla”.
Parliamo quindi di una fase che inizia a 14 anni e oggi giorno termina a 25 anche se in molte occasioni la vediamo perpetrarsi anche oltre i 35 anni.
La natura per prepararci ci pone innanzi a delle autentiche sfide, dei cambiamenti che sono allo stesso tempo fisici, mentali ed emotivi. Questo comporta delle difficoltà ma sappiamo che “una nave per arrivare alla sua meta deve lasciare le acque protette e calme della baia ed affrontare il mare aperto e le sue tempeste”.
La prima grande “tempesta” che l’adolescente deve affrontare, il primo grande cambiamento, si produce nel corpo che grazie agli ormoni comincia ad assomigliare al corpo dell’adulto. Questo può provocare sensazioni diverse che sono allo stesso tempo piacevoli, ma anche perturbanti, tanto se il corpo è attraente quanto se non lo si vede conforme a ciò che si vorrebbe per uniformarsi al modello di bellezza proposto dalla società. Si produce infatti un cambiamento nella relazione con gli altri sia coetanei che adulti. Pensiamo ad esempio ad una ragazza di 14 anni che ha già un corpo da adulta molto attraente e che deve affrontare gli sguardi degli adulti.
Gli ormoni, inoltre, producono pulsioni sessuali, questo può essere un buon motore per uscire ed affrontare il mondo, imparare a relazionarsi con l’altro sesso, imparare abilità sociali nuove, conoscere gruppi di ragazzi in cui riconoscersi ed essere riconosciuto (sappiamo infatti che il gruppo di coetanei arriverà ad essere, in questa fase, più attraente della propria famiglia), ma anche questo comporta delle difficoltà per esempio il giovane potrebbe non riconoscersi nei coetanei che lo circondano e sentirsi come “un pesce tra i gabbiani o un gabbiano tra i pesci”.
Cambia soprattutto la relazione con i genitori: nella curva relazionale normale tra genitori e figli si passa da una prima fase in cui il bambino idealizza i genitori, li adora e li considera dei “Supereroi”, ad una seconda fase in cui al figlio adolescente, “cade il velo dell’innamoramento” e scopre che i genitori hanno dei difetti e delle incoerenze e non accettandole, lotta perché i genitori cambino.
Questa è la fase in cui si esprime anche il conflitto generazionale. Il figlio non si riconosce in ciò che i genitori dicono e nel modo in cui agiscono; può essere infatti che i genitori siano molto centrati sul dovere mentre l’adolescente è alla scoperta del piacere, è centrato su di esso e quindi portato ad evitare le responsabilità.
Quindi vedremo anche un cambiamento nel comportamento: la ribellione, l’opposizione alle regole, la tendenza a trasgredire sono parte integrante di questa fase della vita ed hanno anche un ruolo importante, sono funzionali nelle giuste dosi, perché servono a trovare il proprio modo di realizzare le cose e a sviluppare la propria personalità.
Dobbiamo considerare anche che avviene un cambiamento nell’intensità delle emozioni che si sperimentano: rabbia, dolore, paura, piacere, le nostre emozioni di base, sono vissute in maniera più intensa, avremo quindi grandi innamoramenti, grandi delusioni, grandi frustrazioni. Emozioni che in virtù della loro intensità sono potenzialmente più difficili da gestire.
In ultimo ma non meno importanti sono i cambiamenti che avvengono a livello cognitivo, con lo sviluppo del pensiero ipotetico-deduttivo ed una certa tendenza all’utopia, ad un’idea di come il mondo dovrebbe essere. Pensiamo che questa è la fase in cui nascono i grandi ideali e in cui deve anche sorgere l’obbiettivo da raggiungere: chi vuole essere, cosa vuole realizzare nella vita, “la meta della sua nave”.
Tutti questi cambiamenti provocano una grande sensazione di insicurezza. Il modo in cui verrà affrontata quest’insicurezza e le sfide di cui abbiamo parlato, sia da parte dell’adolescente come della sua famiglia e da chi lo circonda, può far si che le difficoltà si convertano in problemi.
Ricordiamo infatti che dalla nostra prospettiva strategico-costruttivista i problemi si costruiscono attraverso le tentate soluzioni che mettiamo in atto per risolvere delle difficoltà e che se non funzionano non solo non risolvono, ma complicano sempre più.
Quali possono essere quindi i problemi che vengono a crearsi nell’ adolescenza?
Durante l’adolescenza hanno il loro esordio o il loro aggravamento, quasi tutte le psicopatologie più importanti come i Disturbi Alimentari, i Disturbi d’ansia, psicosomatizzazioni e panico, i Disturbi Depressivi, il Disturbo borderline di personalità, Il Disturbo ossessivo compulsivo, la Psicosi, la Tossicodipendenza per citarne alcune, ma compaiono anche problemi apparentemente meno gravi che inizialmente coinvolgono aree circoscritte della vita del giovane, ma che possono, a lungo termine, divenire veramente invalidanti.
Pensiamo, per citarne alcuni, ai problemi della sfera relazionale, mi riferisco ad esempio a quei ragazzi che non riescono a sviluppare le abilità sociali necessarie a far parte di un gruppo o ad avere rapporti con l’altro sesso e per questo si sentono isolati e rifiutati, o più di frequente adolescenti che hanno gravi problemi di comportamento: sono eccessivamente ribelli verso le regole, si fanno bocciare a scuola, usano droghe, in conclusione non si assumono le responsabilità della propria vita. In altri casi, all’opposto, ragazze abituate a performance scolastiche molto elevate che davanti al primo inaspettato fallimento, non accettano l’errore come parte integrante della propria esperienza di apprendimento e per questo aumentano la quantità di ore dedicate allo studio ma senza più confidare nelle proprie capacità, innescando un circolo vizioso di insicurezza e ulteriore fallimento.
Pensiamo inoltre ai problemi nella relazione con i genitori che possono riguardare anche giovani che hanno ottenuto i primi obbiettivi dell’essere adulti quali vivere da soli ed essere autonomi economicamente, ma non hanno raggiunto una vera indipendenza emotiva dai genitori: non sono riusciti a passare alla fase seguente della curva relazionale genitori-figli citata in precedenza, che richiede che il figlio adulto accetti i propri genitori con le loro “umane miserie” senza cercare di cambiarle. In virtù di questo mancato passaggio continuano ad avere una relazione conflittuale con i genitori, ancorati ad una lotta da “Don Chisciotte contro i mulini a vento” che incide sulla qualità della loro vita e sulle scelte da intraprendere.
Pensiamo anche ai problemi della sfera sessuale, per esempio la giovane ventenne che ha paura della penetrazione ed evitando costruisce una vera e propria fobia oppure a quei giovani che vivono la sessualità in modo virtuale solo nel web per evitare di esporsi al rifiuto.
Infine, per concludere questa carrellata di esempi, pensiamo all’eccesso di socializzazione virtuale, problematica attualmente molto estesa e che porta frequentemente alla sempre maggiore necessità di essere accettati e di conseguenza ad un aumento del senso di solitudine, che in quest’epoca così incerta, è sempre più presente tra gli adolescenti.
Quali sono i tentativi di soluzione che convertono una difficoltà dell’adolescente in un problema?
Da un lato abbiamo i tentativi di soluzione dei genitori: pensiamo ad esempio ad una famiglia che abbia la convinzione (credenza di fondo) che il figlio sia un essere fragile che vada protetto dalle difficoltà e dai pericoli della vita, quindi che sia corretto facilitargliela in tutto e per tutto. Davanti ad una difficoltà di tipo relazionale si muoverà ancora di più in tale direzione, ad esempio cambiando di scuola al figlio affinché possa trovare dei compagni più accoglienti.
Dall’altra parte avremo le tentate soluzioni del giovane che davanti alla sua insicurezza relazionale, per paura di essere rifiutato, reagisce evitando ogni forma di contatto, costruendo così una “profezia che si autorealizza”.
Poniamo un altro esempio: pensiamo ad una famiglia che agisce secondo la credenza che i figli siano alla pari dei genitori e abbiano gli stessi diritti, e che quindi la relazione si debba giocare allo stesso livello con un figlio con problemi di eccessiva ribellione alle regole. I genitori che si muovono con questa rigida credenza anziché adottare un comportamento più funzionale davanti alla difficoltà del figlio, insisteranno con la loro strategia cercando il dialogo, il ragionamento, optando al massimo per un sermone, ma sempre privo di conseguenze, ottenendo in cambio un incremento della ribellione fino agli estremi violenti a cui spesso assistiamo.
Come si interviene con la Terapia Breve Strategica?
Quando si tratta di adolescenti, l’intervento andrà adattato al tipo di problema, in molti casi, ma non in tutti, l’intervento sarà allo tesso tempo famigliare e individuale, questo perché il nostro primo fondamentale passo sarà bloccare i tentativi di soluzione che non funzionano, messi in atto tanto dalla famiglia quanto dal ragazzo.
I genitori non vanno colpevolizzati poiché fanno tutto con le migliori intenzioni, ma innalzati al ruolo di “co-terapeuti”.
La prima seduta è molto importante per stabilire un contatto significativo tanto con i genitori quanto con il giovane; dovremo costruire un’alleanza terapeutica con entrambi. Dovremo da un lato analizzare quali sono i tentativi di soluzione del problema che hanno portato avanti i genitori fino a quel momento, quali hanno inizialmente funzionato ma non sono stati applicati abbastanza a lungo per vederne gli effetti e quali invece hanno complicato la difficoltà fino a convertirla in un problema. Faremo questo con l’aiuto di una “mappa” ovvero il Modello di famiglia: quando le azioni della famiglia si irrigidiscono a tal punto da configurare un pattern di comportamento ripetuto nel tempo indipendentemente dagli esiti, possiamo parlare di “modello comportamentale della famiglia”. Nella ricerca-intervento condotta dal Centro di Terapia Strategica nell’anno 2000 vennero evidenziati nella famiglia italiana degli ultimi 30 anni sei tipi di Modelli basati su altrettante credenze rigide sottostanti, che da allora utilizziamo come una mappa, un riduttore di complessità, per bloccare efficacemente i tentativi di soluzione disfunzionali e introdurre rapidamente dei cambiamenti.
Anteriormente, negli esempi di tentate soluzioni famigliari ho citato alcuni di questi Modelli, il Modello Iperprotettivo e il Modello Democratico-permissivo, ma troviamo anche il Modello Sacrificante, il Delegante, l’Intermittente e, sempre meno, l’Autoritario.
Dovremo allora intervenire sulla credenza rigida, sottostante al modello, per fare non solo capire, ma sentire ai genitori che se continuano ad agire in quel modo non solo non risolvono il problema ma lo complicano sempre più.
Dall’altra parte dovremo analizzare con il figlio, se siamo riusciti a condurlo a riconoscere di avere un problema e chiedere aiuto, quali sono state le sue tentate soluzioni e introdurre una piccola leva, un primo piccolo cambiamento che, una volta avvenuto, come una palla di neve che comincia a rotolare, diventi una valanga inarrestabile.
Quale sarebbe la maniera corretta per affrontare le difficoltà di questa fase della vita, tanto da parte dei genitori che dall’adolescente stesso?
Il ruolo più efficace dei genitori con i figli di quest’età sarebbe, da una posizione gerarchica di guida, di educatore o di coach se si preferisce, quella di fare un passo indietro e lasciare che il figlio sperimenti delusioni e frustrazioni, dolori e sforzi che sono inevitabili e necessari, perché una volta superati possano costruire una sana autostima. I genitori stessi, come allenatori, devono proporre graduali difficoltà quotidiane e sostenere il figlio affinché si prenda la responsabilità della sua vita scegliendo la propria strada. Come direbbe A. Hubbard: “se i genitori fanno troppo per i figli, i figli fanno troppo poco per se stessi”.
Dall’altra parte, i figli devono accettare che si può uscire dall’insicurezza solo affrontando le difficoltà, le sfide della vita, accettando l’errore, cogliendole come opportunità per impare a cadere e rialzarsi, accettando di soffrire per ottenere i propri obbiettivi, infine prendendosi la responsabilità della propria vita ovvero: “attraversare il mare in tempesta, seguendo la rotta verso la meta, con le mani ben salde sul timone!”
Bibliografia
Watzlawick, Weakland, Fish. Change Sulla formazione e la soluzione dei problemi, Ed Astrolabio (1974)
Nardone Giorgio e l’eqiupe del Centro di Terapia Strategica. Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Problemi e soluzioni per il ciclo di vit, Ed Ponte alle grazie (2012)
Nardone, Giannotti, Rocchi Modelli di Famiglia, Ed Ponte alle Grazie (2001)
Balbi, Boggiani, Dolci, Rinaldi. Adolescenti violenti, Ed Ponte alle Grazie (2009)
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Nardone Giorgio Emozioni istruzioni per l’uso, Ed. Ponte alle Grazie (2019)
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Nardone, Balbi, Boggiani Il piacere mancato, Ed. Ponte alle Grazie (2020)
Nardone Giorgio Psicotrappole. Ovvero le sofferenze che si costruiscono da soli: imparare a riconoscerle e a combatterle, Ed Ponte alle Grazie (2013)